“Look what I just found on the ice!”.
Quando Tom mi mostra lo spezzone di corda viola faccio un salto indietro nel passato. Ho speso ore di scalata a cercare una traccia dei miei passaggi sullo sperone, ma niente.
La giornata di scalata non comincia proprio al massimo. Il campo 3 non è uno dei migliori che abbia mai piazzato. Si trova all’interno di un crepaccio sul bordo sinistro del canale Mummery, appena a destra della porta di ingresso dello sperone. E’ abbastanza protetto rispetto alle slavine che scendono dal canale, ma è anche una specie di ‘buca da golf’ per tutta quella neve che vi scivola dentro dalla parete dello sperone.
Quando siamo arrivati non ci sembrava vero di trovare uno spazio piano proprio lì, dentro il crepaccio. Spianato il cono di neve che ci intralciava, abbiamo montato la prima delle due tende. Purtroppo il cono di neve, in una notte agitata e nevosa come è stata quella appena trascorsa, si è riformato in poche ore. La nostra tenda è stata sommersa.
Rahmat si è alzato di scatto: “Non c’è aria, stiamo soffocando”.
Sono steso nel sacco a pelo, indosso la tuta in piuma, sono una specie di bruco stretto dentro la sua tana per non disperdere neanche una caloria:
“Are you sure that is not the altitude sickness?” (Sei sicuro che non è il male di montagna da altitudine?”.
Rahmat fa cenno con il capo che non è l’altitudine.
Tasto con il gomito la parete della tenda per capire a che livello la neve esterna è arrivata. Una pressione costantemente crescente continua a spingermi sul lato sinistro riducendo il mio spazio vitale. Io e Rahmat siamo stretti spalla a spalla.
Allora capsico, la neve copre quasi completamente la tenda e ci ha ridotto l’ossigeno. Ecco perché siamo entrambi svogliati e letargici.
Per un attimo un brivido mi passa dalla testa fino alle budella, bisogna muoversi e fare qualcosa. Reagisco d’istinto come se avessi all’improvviso chiarezza di cosa devo fare. Rahmat mi ansima sul collo, ma è immobile.
“I go out, don’t worry!” ( Vado fuori, non preoccuparti).
Cerco di aprire la cerniera della tenda. In quell’istante realizzo che anche l’ingresso è bloccato dalla neve. Cerco una piccozza per scavare un varco di uscita, ma mi rendo conto che sono tutte fuori dalla tenda. Apro tutta la cerniera, tra il muro e il tetto della tenda ci sono una trentina di centimetri ancora non sommersi. Tiro pugni con i guanti e riesco a infilarmi in quel buco fino a uscire. Trovo la pala e comincio a disseppellire la tenda.
Sono le tre del mattino e scavo per un’ora, poi comincio a patire freddo e stanchezza. Rahmat è dentro che cerca di sistemare tutte le cose che abbiamo ammassato in mezzo al gelo e alla confusione.
“Karim, Karim, I need some help!” ( Karim, Karim ho bisogno di aiuto!).
Karim e Tom sono a 2 metri da noi, nella nuova tenda che abbiamo montato su una piazzola ricavata creando un terrazzo di neve sul fianco del crepaccio.
Karim esce insieme a Tom e liberiamo definitivamente le due tende. Ci rificchiamo nei sacchi a pelo verso le 5 del mattino ma nessuno di noi ha voglia di dormire. La situazione ci ha allarmato ed il tempo non migliora, continua a tirare vento ed a nevicare.
Alle 7 cominciamo a sciogliere la neve per preparare tè e la colazione.
“Rahmat, how do you feel?” ( Rahmat, come ti senti?).
“Not feeling well” ( non bene ),
“It’s better you go down as soon as possible” ( è meglio che tu scenda il prima possibile ).
Dopo un breve scambio di opinioni a distanza tra le tende, Rahmat si accorda
con Karim per scendere. Karim ha un dolore alla schiena che non lo ha fatto dormire tutta la notte, anche lui è provato. Si preparano e dopo un saluto veloce li vediamo sparire al di là della cresta del crepaccio.
Con Tom siamo disorientati, e ora che facciamo?
Dobbiamo cambiare strategia, decidiamo di smontare una delle tende. Se la lasciassimo montata mentre scaliamo, rischieremo di ritrovarla seppellita. Ci diamo da fare smontiamo e infiliamo tutto il materiale non necessario in una sacca da deposito. Il vento e la neve continuano ad accanirsi, con qualche breve momento di tregua. Non abbiamo molto spazio per operare e se posi qualcosa sulla neve rischi che finisca inghiottita e scompaia allo sguardo. Bastano pochi centimetri.
Tom mi fa una proposta, poche parole ma molto chiare: sappiamo che domani farà bel tempo anche se i Jet Stream (venti d’alta quota) che abbiamo sopra la testa continueranno a soffiare, ma almeno ci sarà il sole e non le nuvole. Sappiamo anche che sta per arrivare una perturbazione, molto difficile da prevedere con esattezza. Posso contare su Filippo Thiery, che mi segue da anni qui e con cui abbiamo sviluppato un tandem molto efficace, ma entrambi sappiamo che i venti sono cosa veramente dura da predire. Quando i Jet Stream sono vicini il rischio che si abbassino e ci prendano in pieno è molto alto.
Con i dati che abbiamo mi sento in mezzo tra l’incudine ed il martello. Con #scalatestesso ho imparato a scindere la posizione di stratega da quello di alpinista che desidera sempre e solo scalare, ma con montagne cosi complesse e su vie nuove dove l’ignoto ha il suo peso e l’inverno complica tutto, azzeccare la strategia ha una importanza vitale. Le giornate di bel tempo si contano sulle dita delle mani e dobbiamo essere capaci di farci trovare nel posto giusto al momento giusto, altrimenti non saremo in grado di scalare le parti più dure nei momenti di bonaccia.
Tom azzarda: “We can climb today with few things, tent, sleeping bags, materass, stove and foods for one night, just to reach 6000m and sleep one night there. We could start now and use tomorrow for climbing more up or just see the mountain condition” (possiamo scalare oggi con poche cose, tenda, sacco a pelo, il materassino, il fornello, e poco cibo per una notte giusto per raggiungere i 6000m e passare una notte li. Potremmo partire ora e usare domani per scalare un po più su e vedere come sono le condizioni della montagna).
Guardo fuori e mi tasto le gambe, l’idea piace tanto anche a me. L’alternativa è un’altra notte a campo 3 e aspettare la mattina sperando nel bel tempo ed in un vento migliore.
Decidiamo di scalare subito e subito siamo delle macchine perfette, ci coordiniamo, usiamo la tenda di Tom per infilarci le mie cose e il sacco da deposito per buttarci dentro le attrezzature di Karim e Rahmat.
Smontiamo la tenda e siamo pronti per pensare alla scalata. Negli zaini giusto il materiale per passare una notte e poi chiodi da roccia, due corde, friends, dadi, due corde nuove da 7,7mm, e via, si parte.
Il vento continua a soffiare e ci troviamo velocemente alla base del primo canale di accesso allo sperone, dopo aver scalato una placca glaciale. La particolarità di questa via è che una colata di ghiaccio e neve si insinua al centro dello sperone creando una sorta di via di accesso alla sommità. Ghiaccio, neve e roccia si alternano per creare una linea elegante e superba verso la vetta del Nanga Parbat.
Il tiro a cui sono più affezionato è quello iniziale, ti immette dentro la via con passaggi di misto verticali per alcuni metri. Tom guida la cordata e sale quei metri con fine maestria fino a fissare una sosta poco sopra. Lo vedo felice, mentre cerco di farmi spazio tra neve, roccia e vento lancio un grido di gioia. Siamo dentro!
Dentro lo sperone e nel nostro flusso personale continuiamo a scalare, tiro dopo tiro di corda, cercando di non lasciarci vincere dal vento e dagli spindrift che continuano a scendere dalla parete. Lo spindrift è una specie di colata di neve polverosa spinta dal vento che ti investe. Non è pericoloso come una valanga o come una slavina, ma è molto fastidioso e rende la scalata un inferno di ghiaccio. Anche sopra la nostra testa, oltre la parete che ci sovrasta, ogni tanto sbruffi di neve polverosa ci ricoprono, togliendoci visibilità per alcune decine di secondi. È una cosa che incute timore.
La lotta interiore è superba, quanta paura è giusto provare prima di abbandonare la prova? Quando si arriva al limite che di fa fare dietro front? Quando smetterà di fare turbini di neve e comincerà la fase di bel tempo? Se accade nel primo pomeriggio, prima di sera, avremo la possibilità di trovare una maledetta piazzola e rifugiarci nella tenda.
Questo limite è difficilissimo da stabilire e dipende anche da una serie di variabili difficili da predire. Molte scalate falliscono perché ci si ritira troppo presto, altre invece finiscono male perché si spinge troppo il limite troppo in là. Chi scala ha ben presente questo gioco e lo gioca al meglio delle sue capacità.
Stiamo spingendo in là i limiti umani e personali e questo richiede anni di preparazione, capacità di osservazione, percezione del proprio stato emotivo e fisico, percezione dell’ambiente, capacità di applicare una strategia, di crearla corretta, saperla cambiare se le variabili tempo e stanchezza hanno superato i limiti di guardia. Spesso riduciamo tutto a termini semplici: avventura, esplorazione, scalata. Dietro c’è una combinazione complessa di studio, esperienza e capacità personale di gestione delle situazioni più estreme.
Quando guardiamo la foto di una parete, fino a studiarla nei minimi dettali stiamo in realtà valutando una serie di aspetti difficili da capire se non si ha un’esperienza diretta della faccenda.
Tempo fa ho scattato una foto dello sperone visto da sotto. Il Mummery appariva molto meno verticale e schiacciato.
Tom aveva visto bene quella foto e tutte le altre, quando arrivo in sosta mi dice:
“Dalle foto questa verticalità era proprio difficile da immaginare”.
Lo guardo mentre sistemo la maschera e veniamo di nuovo investiti da uno spindrift. Tom è a un metro da me e scompare alla mia vista. Dopo un minuto tutto riappare.
Essere capaci di osservare e riportare la realtà che si è visto e non che si è immaginato è una grande capacità che va allenata. Anche nella vita quotidiana.
Scaliamo un tiro verticale e cerchiamo una piazzola su cui piantare la tenda, ma non c’è verso di trovarla. Questo è uno dei grandi problemi dello sperone, 1100m di verticalità che sviluppano probabilmente 1500m per circa 30 tiri di corda, su cui è difficilissimo trovare uno spazio per piantare una tenda.
Purtroppo l’idea che avremmo avuto una calo del vento nel pomeriggio, è solo una valutazione errata. Abbiamo raggiunto il nostro limite, il vento, la stanchezza che abbiamo accumulato e la mancanza di una piazzola ci costringono a cambiare tattica. Dobbiamo scendere. Decidiamo di lasciare il mio zaino come deposito, ci spostiamo verso la parete e lo fissiamo a delle viti da ghiaccio. Una manovra delicata da fare sotto l’assedio di vento e spindrift e con le mani gelate.
Si aggiunge la maschera che completamente ghiacciata mi impedisce la vista. Devo toglierla e una folata di neve mi investe gli occhi, mentre cerco di guardare in alto. Un dolore forte e secco mi fa lacrimare. Le lacrime si ghiacciano in un attimo. Tom mi vede in difficoltà e si occupa di fissare un’altra vite da ghiaccio sulla parete. Quando mi riprendo ho imparato la lezione. Siamo pronti a buttarci giù dalla parete a forza di corde doppie.
Abbiamo sbagliato strategia?
Avremmo dovuto aspettare un giorno a campo 3?
Come sarà il tempo domani?
Sarà veramente bello o soffierà ancora questo vento maledetto?
Lascio scorrere via i pensieri senza fare resistenza, finchè si esauriscono e mi lasciano libero di concentrarmi sulla discesa.
Fissiamo delle soste che ci saranno utili per il futuro e scendiamo lasciando il mio zaino appeso sulla parete. Resterà li? Mi viene da ridere mentre mi dico che è un’altra delle scommesse di questa spedizione.
In breve e velocemente scendiamo dalla parete mentre il vento non accenna a diminuire. Arriviamo a campo 3 velocemente, ma siamo vicini alla notte. È chiaro che nessuno dei due vuole rimanere in quel buco a dormire, ma abbiamo fame e sete.
Nella tenda Tom mi intima: ”you must drink” ( devi bere) e mi porge il bicchiere del thermos pieno di acqua calda. Poi scaldiamo neve e facciamo bollire l’acqua per mangiare un liofilizzato. Si fa notte e viviamo alla luce delle lampade frontali.
Mi cambio e lascio la tuta in piuma a campo 3, mentre mi domando se ritroveremo tutto il campo dopo la perturbazione.
Un altra scommessa, e con Tom ridiamo.
Campo 2 è separato da Campo 3 da un ghiacciaio molto complesso, fatto di enormi crepacci, seraccate, e pareti verticali. Trovare foschia o avere il vento in faccia riduce di così tanto la visibilità da renderlo veramente temibile. Farlo di notte significa che sei fuori di testa o che sei davvero un esperto e hai grande fiducia nei tuoi mezzi. E’ cosi che riconosci i veri professionisti, quando si destreggiano senza esitazione nelle condizioni più difficili. È questo che mi colpisce di Tom, nessuna esitazione e perfetto controllo della situazione.
A notte piena partiamo da campo 3, avverto via radio il campo base di farci trovare la cena pronta. Scendiamo immersi nei turbinii della neve e man mano che superiamo crepacci, che aggiriamo passaggi pericolosi aumenta l’ossigeno nell’aria e con lui le nostre energie. Arriviamo al campo base alcune ore dopo, ci aspettano un piatto di pasta e il sacco a pelo asciutto.
Mentre mangio nella tenda grande del campo base, mi domando se ho fatto bene tutto e qual era il mio scopo. Il desiderio di fare sempre di più è placato dalla stanchezza e dal tepore del sacco a pelo. Chiudo gli occhi con la domanda di come sarà la mattina seguente e se sarò capace di accettare gli eventi.
Tiro dritto fino alle 8 quando l’impulso di aprire la tenda è più forte di ogni altra cosa. Guardo fuori, c’è il sole. Poi guardo meglio e mi rendo conto che in vetta c’è un vento folle. Sullo sperone lo stesso. Baffi di vento bianco, vento misto a neve, su ogni cresta della montagna. Il cuore e la testa si alleggeriscono, se fossimo stati su sarebbe stato un inferno di vento.
Mi costringo a ricordare il mio scopo principale per questi giorni, rifornire campo 3 e fare una puntata a 6000m e al massimo una nottata lì. Il risultato ottenuto è un carico di materiali depositati oltre i 6000m, la prima scalata della stagione sullo sperone e le prime soste fissate di discesa sulla parete. Eppure non sono completamente soddisfatto.
A mezzogiorno il vento si placa per alcune ore prima della notte.
Mi viene da sorridere e lascio scorrere i pensieri, imparo ciò che devo imparare e mi congratulo con me stesso per quello che abbiamo fatto, cosi come la sera prima Rahmat e Karim hanno fatto con noi. Incrocio lo sguardo di Tom e gli si legge la voglia di essere lassù, sotto il sole, a scalare.
Sorrido: “It can happen, it’s a game inside us and with the mountain!” (può succedere, è un gioco dentro di noi e con la montagna).
Ricambia il sorriso, ora possiamo goderci il campo base. Sono molto stanco e per la prima volta durante la spedizione dormo anche il pomeriggio.
Come mantenere il focus e non demoralizzarsi?
Tutti questi pensieri a volte si insinuano nelle nostre anime fino a farci vedere solo ciò che avremmo potuto fare di più, invece di godere per quello che siamo riusciti a fare.
Abbiamo scalato lo sperone nella sua prima parte, cosa che nessuno ha mai avuto il coraggio di fare oltre a me, da solo e poi insieme a Elisabeth Revol.
Per questo messaggi di amici, di stima, di conferma di ciò che stiamo facendo spesso sono importanti, sono un punto di vista esterno che ci aiuta a mantenere la concentrazione e a non cedere alla fatica e alle difficoltà.
Ripenso alla mia bottiglietta, alla speranza di ritrovarla nelle prossime salite, penso alla difficoltà di trovare un posto buono per un bivacco, penso allo spezzone di corda viola che ha trovato Tom.
Ripercorro gli istanti in cui decide di riusarlo per attrezzare una sosta. Quando salirò voglio recuperarlo e portarmelo a casa.
Guardo le foto che ha scattato Tom e finalmente, dopo due giorni di riposo, riesco a godermi ciò che abbiamo appena fatto.
Quanto influisce la stanchezza e la pressione nella nostra capacità di percepire le cose? Quanto influisce su una lite la mancanza di dati o la variabilità degli stessi?
Al termine di questo grande viaggio che per me è una vera svolta di vita mi sono ripromesso di lavorare ancora di più su #scalatestesso, per aiutare le persone a vincere le sfide della vita attraverso tecniche estreme.
Rendere utile una cosa che può sembrare solo divertimento sarà una della sfide del mio futuro. Forse è follia, forse è una visione di qualcosa di nuovo, forse è un buco nell’acqua, eppure sono convinto che la strada è già tracciata, bisogna solo avere il coraggio di riconoscerla e percorrerla.
Mi chiedo se anche tu che mi leggi hai una folle visione della vita. E non parlo di scalate impossibili, parlo di qualcosa di nuovo che stai progettando in cui molti non credono o che faticano a capire. Magari hai avuto una visione che sarà reale nel futuro. Se è così, ti auguro di non fermarti.
Se hai avuto il coraggio di arrivare fin quaggiù, all’ultima pagina di questo racconto, allora complimenti, ti do il ben venuto nel ‘team dei folli’ che a modo loro vogliono cambiare le cose!
A presto Daniele
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Avvincente e partecipativo al punto di sentire il freddo addosso
Sei un grande Daniele!
Non demordere e fai rinascere l’ alpinismo dei pionieri…
In bocca al lupo!
È fantastico ciò che avete fatto: pensare e agire in grande, nonostante la vita ci ricordi spesso che siamo piccoli; grazie per questo impagabile insegnamento
Certo che sono arrivato alla fine del racconto. Complimenti. E’ un emozione seguirvi. Grazie
a che serve scalare una montagna
a nulla
anche il concerto n 5 emperor
di beethoven non serve a molto
e nemmeno la cappella sistina
non è molto utile purtroppo
kind of blue di miles davis
e i film di fellini?
macché
la luce di Caravaggio
si, incredibile,
ma anche quella non serve
eppure
lo spirito immortale
di tutta questa manica di fannulloni
che ci ha donato i propri sogni
è li con voi
stessa immaginazione
stessa libertà
Ho letto solo stasera questo scritto di Daniele, poi il tuo commento. E dopo tutta la valanga di commenti, vomitati anche OGGI, mi hai fatto sorridere come una bimba. È vero, ho lacrime gonfie che bruciano le guance, ma la visione che mi hanno dato le tue parole semplici e semplicemente umane, mi hanno donato ancora forza e speranza. Sono state una carezza benevola a fronte dei tanti schiaffi menati da tutti, chiunque, dai nessuno… Forse sono parole senza senso le mie, e perdonami, sono così triste ed addolorata in fondo al cuore, per Daniele, per Tom e per tutte le persone che gli vogliono bene e che ora ne sentono l’incolmabile vuoto, ma a me, la tua osservazione, ha aiutato, e volevo ringraziarti per questo. Eh no, non mi fermero’ Daniele! #scalatestesso Grazie.
Sono felice di essere arrivato alla fine del racconto mi emozioni sempre. Sono felice di far parte del team dei folli. Tutta la mia vita é una follia. Vorrei averti come mio coach di vita appena rientri. Forza DANIELE non mollare
Grazie per avermi “portato lì” …il tuo report è straordinario così come la vostra impresa.
Ciao Daniele,ho avuto freddo per te,ma nello stesso tempo mi hai portato dove da solo non sarei mai riuscito ad arrivare.Grazie per questa grande emozione e raggiungi il tuo sogno.A presto e non mollare mai.Non sei un grande.Ma il più grande
Eh che dire … un rapporto così precio….mi ha tenuto il fiato sospeso …. forza Daniele !!!!!!
Ammetto di non conoscere il vostro mondo,di esserne assolutamente estranea. Ieri sera ho seguito la tua intervista alle Iene e da lì ho passato quasi tutta la serata a leggere su internet e sui social la vostra missione, fin dall’i! Mi sono iscritta alla newsletter e attendo continuamente vostri aggiornamenti.
Ammiro il vostro coraggio e dedizione. Confido nella vostra riuscita.
Ciao Daniele! Assolutamente emozionante!leggendo batte il cuore!
State regalando emozioni…vi seguo!
Un abbraccio!
Il tuo racconto è da brividi..come la polvere ghiacciata che te se ficca all’ossa e come arriva quella dal Nanga fino qua in Ciociaria, arriva pure il fuoco che scalda anima e cuore.. è quello del tuo entusiasmo.. è la forza che hai sempre avuto e che anche quest’anno ti sostiene con la stessa intensità…e sarà pure follia..ma questo è l’ossigeno dei sogni…e grazie di farci sognare con te..con voi …un abbraccio …e forza! Anzi..jamo su!
Grazie per dedicare la tua energia a raccontarci questa esperienza. Immensi.
Ho scalato il mio sperone nel 2015, partecipando alla Dakar in moto da amatore e riuscendo a portarla alla fine al primo tentativo.
Vivere esperienze di questo tipo ti eleva ad un punto dove le visioni diventano molteplici, perché è la visuale che cambia.
Caro Daniele ti incontrerei volentieri, vorrei iniziare a scalare.
Non solo sono arrivata in fondo , ma ho letto con il fiato sospeso, il cuore al galoppo ed il gelo addosso.
Quanta emozione , ed il mio pensiero vola su , in alto , a ottomila , al mio ANDREA..
Coraggio, ma tu conosci la vera grandezza del grande alpinista.
Un caloroso abbraccio.
Ciao, Non sono uno scalatore, e neanche un grande lettore di libri, forse un sognatore di avventure, ma stasera leggere il tuo racconto mi ha portato a 6000 metri. Grazie
Daje Daniele e forza ragazzi del team!
Devi essere fiero di aver fatto appassionare alla tua impresa persone che stanno all’alpinismo come un pollo cieco sta alle corse.
Sono un uomo di mare a cui piace anche la montagna, ma solo per passeggiare e senza neve, ma che è affascinato dall’alpinismo d’alta quota. In questi giorni non posso fare a meno di pensare alla tua sfida allo sperone, alla lotta contro i tuoi demoni, come ci hai raccontato nel primo post. Ma non è da tutti rimettersi in gioco come hai fatto tu.
“Cosa starà facendo Daniele?” è la domanda ricorrente di queste sere, speranzoso di leggere un nuovo post; un racconto coinvolgente e avventuroso che ti catapulta dal caldo letto delle nostre case al gelido clima della tua tenda.
In questi giorni col pensiero sono con te, al tuo fianco, un metro dopo l’altro, un chiodo dopo l’altro, verso la cima dello sperone. Io, tu, noi, quelli del “Team dei folli”.
Daje Daniele e forza ragazzi!
Un altro ‘folle’ si aggiunge alla lista… o forse, mi viene da dire, in realtà siamo più ‘savi’ di tanti che non concepiscono tutto ciò. E che si perdono il bello della vita! L’ncredibile fatica che ti fa contemplare la struggente bellezza fuori e dentro di te! Forza Daniele, siamo con voi in questa straordinaria esperienza!
Ho iniziato da bambina ad andare in montagna, ce l’ho nel sangue e nel cuore. La montagna mi ha insegnato ad essere forte e a trovare soluzioni per ogni problema della vita che è una continua scalata. Il tuo racconto mi ha emozionata e mi sono sentita li con voi. Ora sono un po’ troppo “matura” per queste esperienze e seguo te per sentirmi ancora sulle vette. Forza che ce la fate, siamo tutti con voi. Grazie
Una metafora della sfida quale essa sia, del dubbio e dell’istinto che lo sconfigge, della vita. Grazie
Un misto Di Emozioni contrartnati mi pervadono. Gelo interiore misto a voglia di riscatto, forza e
Coraggio. La sfida interiore che descrivi è semplicemente straordinaria… grazie Daniele! Ad majora!
Grande Daniele…. Sono estraneo all’alpinismo anche se mi affascina molto. Ti ho conosciuto tramite un servizio alle iene di ieri…. E da ieri ho visto video che hai pubblicato e letto delle tue avventure….Compresa questa che stai facendo alla grande. Mi fai emozionare tantissimo…. È bellissimo leggere della tua impresa…Non mollare, valuta bene come tu sai fare e continuaci ad emozionare…. Grazie.
Daniele, ciò che è folle per alcuni, é ragion di vita per altri, ed ogni giorno, nella propria professione come nello sport, ciò che ti permette di raggiungere i tuoi obbiettivi è proprio quella fantastica alchimia tra genialità e pura follia. Portaci Tutti fin la su !!!! Grazie grazie grazie
Vai Daniele
Il tuo racconto é lungo…
Ma le parole che usi lo rendono magnetico…
Continua a scalare e a farci sognare
grande Daniele! il successo é la combinazione di opportunità e preparazione z.ziglar.
aggiungerei…con la passione!! un abbraccio caldo. vale
Questo racconto è travolgente!
Mi avete emozionato ragazzi! State attenti e forza. Buona fortuna
Un “in bocca al lupo” mantenendo sempre una grande lucidità la vita sempre davanti a tutto !
Grazie per farci vivere queste bellissime emozioni, non solo sono arrivato alla fine ma vorrei che non finisse un GRANDE
Ciao a tutta Squadra , vi seguo da dicenbre è diventata senpre di piu avventurosa la vostra esperienza ricca di emozioni ,ansie ,scielte giuste . Bravi a tutti per farci vivere un modo di andare in montagna di una volta mi viene in mente Bonatti sul Monte Bianco .Sono arrivato alla fine del racconto con il cuore in gola . voglio la tessera della Squadra dei Folli . Vi abbaccio forte . Marino Artuso .
Ciao a tutta Squadra , vi seguo da dicenbre è diventata senpre di piu avventurosa la vostra esperienza ricca di emozioni ,ansie ,scielte giuste . Bravi a tutti per farci vivere un modo di andare in montagna di una volta mi viene in mente Bonatti sul Monte Bianco .Sono arrivato alla fine del racconto con il cuore in gola . voglio la tessera della Squadra dei Folli . Vi abbraccio forte . Marino Artuso .
Si vede chiaramente che quando si vuole
Raggiungere uno scopo non ci sono barriere.
Sei un grande Daniele.
Un abbraccio.
Gerardo.
Anche io faccio parte del team dei folli!
In bocca la lupo per questa scommessa!
DANIELE prima o poi ci riuscirai ad arrivare in cima dallo sperone e sarà uno spettacolo grandioso!
Grandi tutti e tenete duro!
Arrivare alla fine del racconto è facile e bello. Mi hai portato lì con te, fra gelo, vento ghiaccio, ma la paura di quello che potrebbe succedere, la gioia di quello che non è successo, e la vostra sana follia ha scaldato tutto. Vi incito ad andare avanti, vi incito a tornare in dietro. Ma voi siete bravi, sapete cosa fare. A presto su qualche cima abruzzese che tu Daniele usi per allenarti che io uso per scalare.
Prima di tutto tantissimi complimenti a tutta la squadra per il lavoro svolto per la preparazione … per la caparbietà… e soprattutto a te Daniele che hai voluto questo progetto profondamente. Renderci partecipi di questa impresa.. è di una emozione incredibile … il tuo blog oramai è fisso sul mio desktop o smartphone…
Il tuo modo di raccontare ci trasporta li… ci fa analizzare… porre interrogativi riflettere. Non ci sono parole per ringraziarti/vi. In bocca al lupo. Un abbraccio. Fulvio Ramerini
Siete dei grandi. Che testa, che cuore. Siete un esempio e un’ispirazione per tutti noi. Coraggio! È come dici tu, Daniele, la strada è già tracciata, anche per voi. A presto!
Letto tutto…tutto d’un fiato… È il racconto della Vita..sarà x questo che mi appassiona tanto!
Certo che sono arrivato fino in fondo e senza mai fermarmi, mi hai tenuto incollato al tuo racconto in una atmosfera magica. Un grandissimo in bocca al lupo a te ed a tutti i componenti della spedizione per la vostra performance, grazie per l’emozione che il tuo racconto mi ha donato, grandissimo scalatore.
Sei un grande!!
Forza Daniele, fino in fondo!! Ascolta i segnali della montagna e del tuo corpo. Tu sei quella montagna. Soffriamo e lottiamo con te. Testa e cuore… Vincerai!!
Daniele, non conoscevo niente di tutto ciò fino a qualche giorno fa. Non smettere di renderci partecipi con questi racconti scritti benissimo. Per favore. E poi se puoi tocca la roccia da parte mia per salutare in questo modo Tomek (ho scoperto la sua storia solo oggi).
Daniele, non conoscevo niente di tutto ciò fino a qualche giorno fa. Non smettere di renderci partecipi con questi racconti scritti benissimo. Per favore. E poi se puoi tocca la roccia da parte mia per salutare in questo modo Tomek (ho scoperto la sua storia solo oggi).
Complimenti a tutta la squadra in particolare a Tom e Daniele, mi sto affascinando a questo mondo dell’alpinismo grazie a te Daniele per come racconti,descrivi le tue esperienze. Sei veramente un grande personaggio, tutti i giorni cerco notizie sulla tua/vostra spedizione. Vi seguo con tanta apprensione, mi raccomando nervi saldi…..grazie per i tuoi resoconti….emozionano.
Enrico B.
Anch’io ho conosciuto la vostra storia dalla intervista sulle iene.
E anche se non ero appassionata al alpinismo i vostri racconti ho letti tutti in fila senza il fiato adesso in due ore , partire dal dicembre.
Hai una forza interiore e entusiasmo che sei riuscito a trasmetterci con tuoi racconti. Non vedo l’ora leggere racconti sulla salita finale, perché sono sicura che voi ce l’ha farete!!!
Grazie Daniele
Emozionante, travolgente da lasciare senza fiato!Grazie di regalarcirci tutte queste emozioni!!
Emozionante,travolgente da lasciare senza fiato ! Grazie di regalarci tutte queste emozioni!!!
Dacci dentro Daniele.
In bocca al lupo.
Grazie per aver condiviso con noi questa fantastica esperienza . Ti seguiamo con passione il tuo viaggio è il nostro viaggio, perché si sente che è percorso con l’ anima e questo lo rende universale. Un grande abbraccio.
Ciao….sono con voi in questa grande impresa…forza ragazzi..
Non scrivo mai e non sono “social” e di solito non condivido in rete i miei pensieri. Ma stavolta non riesco a trattenerli. Volevo ringraziare Daniele per avermi insegnato ciò che tanti altri non sono riusciti a fare e anche per quell’entusiasmo che gli usciva dagli occhi. Mi ha insegnato a capire PERCHÉ con parole semplici e con gesti impossibili. Gli occhi mi si riempiono di lacrime ogni attimo e il mio pensiero arriva fino a tutta la famiglia, che abbraccio forte virtualmente.
Scusatemi per l’intrusione.